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XIV disposizione transitoria e finale della vigente costituzione repubblicana
non ha inteso abolire i titoli nobiliari né, ancor meno, vietarne
l’uso ( I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati
di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome
).
Semplicemente, non li riconosce, ma il fatto di non ammetterli importa
non altro che il disinteresse repubblicano per i titoli predetti - che
costituiscono attualmente patrimonio privato, oltre che storico - dato
che l’Assemblea Costituente non poteva privare i cittadini di un
loro diritto naturale: secondo la Costituzione, insomma, lo Stato non
si cura che qualcuno abbia un titolo nobiliare, vuoi antico o nuovo, né
vieta di fregiarsene o farne uso nei rapporti pubblici e privati, né
considera reato l’abuso di titoli nobiliari, avendo semplicemente
il titolo nobiliare perduto la particolare protezione garantita della
legge.
Pertanto, la magistratura è oggi l’unica Autorità
che, iuxta il disposto della XIV disposizione transitoria e finale
della Carta costituzionale, ha il compito e la potestà di accertare
la legale esistenza d’un predicato concesso anteriormente al 1922,
onde dichiararne la spettanza come parte del cognome: ciò, quantomeno
sotto il profilo della tutela del più geloso e delicato fra i diritti
della personalità umana, quello al nome.
Il Tribunale Araldico, attraverso le sue Commissioni, esamina, accerta
e istruisce pratiche al fine dell’emanazione di pareri pro veritate
in materia araldica, nobiliare e cavalleresca, anche ai fini del relativo
accertamento giurisdizionale operato dal Tribunale Arbitrale Internazionale
e dalla magistratura ordinaria.
L’attività del Tribunale Araldico, però, non si appalesa
in funzione solamente prodromica e istruttoria ai fini della modificazione
legale d’un cognome, per l’aggiunta di un cognome o, come
parte del cognome, d’un predicato ( procedura, questa, di competenza
del Ministero dell’Interno ).
Infatti, ove tali accurate ricerca e verifica abbiano permesso il rinvenimento
di elementi probatori indiscutibili, si può altresì proporre
una sanatoria avanti a una Casa Sovrana, e, in questa fattispecie, il
Tribunale Araldico dispiega la propria attività attraverso un esame
e un processo di nobiltà per il relativo riconoscimento della veridicità
di qualifiche, titoli, stemmi, predicati, &c.: per legittimare la
spettanza di un patrimonio nobiliare, infatti, può talvolta essere
necessario il decreto di un sovrano pretendente al trono.
L’accurato controllo dello stemma, a esempio, risponde a un’ulteriore
esigenza di garanzia, perché possa reggere a un’eventuale
opposizione di terzi. La ragione sta in ciò, che lo stemma ‘
proprio ’ identifica e personifica quella determinata famiglia che
porta un certo cognome, mentre lo stemma ‘ altrui ’ è
quello che appartiene a un’aggregazione diversa dalla propria.
Non riteniamo, infatti, che il cambiamento di regime istituzionale possa
“ cancellare ” la storia, e non annettere ancor oggi un’innegabile
importanza storica ai titoli di nobiltà e, peraltro, di cavalleria;
e qualunque sia l’opinione che si abbia in proposito, quel che è
certo è che, di fronte al fenomeno della reale esistenza di tali
idee e suggestioni, il diritto non può trascurarle ma deve studiare
e regolare gli effetti e gli attriti che ne possono sorgere.
Se, quindi, una saggia porzione della società moderna conserva
il giusto rispetto verso le tradizioni nobiliari e ne pregia l’alto
decoro, anche la parte rimanente - che ostenta noncuranza e talvolta disprezzo
per le vetuste forme della vita - non va del tutto immune dalla seduzione
del titolo e dal lustro che ne deriva.
È questa la ragione per cui i nostri dotti ricercatori si applicano
a redigere le predette coscienziose e avvalorate relazioni genealogiche,
storiche, nobiliari, cavalleresche, o anche solo curricolari, che valgono
a provare e ad avvalorare il buon diritto degli aventi causa a quanto
reclamato, in quanto, ancor oggi, tramite accertamento giudiziario, si
può far dichiarare il status nobiliare e/o cavalleresco,
con sentenza di primo grado emessa dal Tribunale Arbitrale Internazionale,
omologata dal presidente di un tribunale ordinario, cui consegue il riconoscimento
del status nobiliare in capo all’avente diritto, con l’ulteriore,
relativa ed eventuale pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione.
Questa pietra miliare costituisce una verità incontestabile, rendendo
giustizia a coloro ai quali il patrimonio nobiliare e/o cavalleresco spetta
di diritto ma, soprattutto, alla nobiltà sia antica che ex
novo.
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